16-31 marzo 2018 Mostra di Emilio Giossi
venerdì 16 marzo 2018, ore 16.45
Inaugurazione della mostra
Nero cuore dell’alba
di Emilio Giossi
Sala Affreschi, Palazzo del Pegaso, via Cavour 2, Firenze
Saluti
Eugenio Giani, Presidente del Consiglio regionale della Toscana
Intervengono
Antonella Ciabatti, Curatrice della mostra
Alessio Brandolini, Scrittore
Martha Canfield, Autrice della raccolta poetica Nero cuore dell’alba
sarà presente l’artista
La mostra proseguirà fino al 31 marzo 2018 con i seguenti orari:
da lunedì a venerdì 10.00-12.00 e 15.00-19.00; il sabato 10.00-12.00
L’accesso sarà consentito, previa esibizione di valido documento di identità,
nei limiti dei posti previsti ai sensi della normativa in materia di sicurezza
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Alcuni testi poetici tratti dalla raccolta
Nero cuore dell\’alba di Martha Canfield
FORSE GOETHE
Fermati ti amo tanto dico all’attimo e l’attimo un attimo si ferma quando tu quando tu mano si appoggia sulla maniglia della porta e io ti vedo prima che tu esca e la stanza si chiuda dietro di te dietro il tuo profumo perduto dietro le finestre quando le tue cose cominciano a riempirsi di tutta la tua assenza e iniziano quel dialogo così dolce così come un sussurro così intimo canto i cuscini la lampada il bicchiere le carte la matita e i dischi per terra così un po’ di fianco e l’anima inondata di tutto ciò che è tuo e io abbandonata addormentata avvolta dall’atto involontario e costante di evocarti che comincia sempre come adesso quando a un tratto esci e te ne vai e io dico all’istante fermati sei così bello e la mano tua rimane sulla maniglia lì dove ti vedo ancora, un attimo perfetto arancia cullata fra due tempi l’uno così fugace l’altro tanto lungo, quando la porta si chiude e il dialogo comincia con tutto ciò che è tuo il cuscino e la giacca i dischi per terra e le orme leggere della tua voce nell’aria che mi dicono fermati quando protendo le labbra o sollevo la mano
LA LOTTA
L’angelo arriva con le ali cariche
di piogge di tre cieli
e lo sguardo grigio di chi sa di essere
destinato a vincere da sempre
Il guerriero appoggia lo scudo contro un albero
S’inginocchia
prega con trasporto
In seguito offre il petto
Il silenzio s’abbatte su di lui
più tremendo del tuono
Non esiste l’angelo della resa
Ed è raro privilegio essere vinti
CAREZZA DELLA TERRA
Fragranza del meriggio
lento volo
sopra la terra immobile
o soffio che arriva da lontano.
Lentissima carezza che sospende
il profilo dei monti.
La trasparenza della notte
in luce si diffonde sopra i giorni.
Il vento che percorre terre e terre
come lo sconfinato mare
porta con sé il profumo
di una fugace immagine passata.
Sulle lente pianure della terra
la carezza si libra
e la distanza al cielo si riduce
nella gradata ascesa dei profumi.
Il tempo passa come un ritornare
il tempo torna come se inventato
nuovamente comincia
ed era già annunziato.
Notte profonda di cammini
solo verticali.
Nero cuore dell’alba.
Ciò che la terra esala
accende e mitiga l’attesa
NELLA LUCE
Nel loro infinito movimento
spesso impercettibile
le cose stanno ferme
nel centro dell’occhio.
E l’orizzonte diventa illimitato.
Allora bevono luce
forme di luce
fasci
gli occhi luminosi.
Le porte spalancate
le ali tese
per far passare l’aria
con un silenzio lungo
di premonizioni.
L’aria si allunga come un’ala
uccello muto
protetto dalla luce
un’ala appena nata
allora
adesso
si dice inaugurale.
NOMINARTI
E se dire il tuo nome fosse finalmente il riposo e io potessi abbandonarmici sopra come i tuoi capelli oggi sul cuscino e se dire il tuo nome chiudesse una volta per sempre le frontiere e solo ci rimanesse come una margherita fra le mani il piccolo paese che ci siamo costruiti – una piazza quadrata e una via una chiesa con occhio di ciclope e la fontana la collina nell’orto e il caprone e un ponte sul fiume e il sole nel cortile – perché la fine del gioco comincia quando cade la guardia e si chiudono le porte e si pronuncia il nome e l’acqua si ferma e non ci sono più speranze né si parla in futuro solamente questo dolce sopore della siesta che scorre e la voglia di amarti in un eterno oblio e di abbracciare il tuo nome come quando lo dico se dirlo fosse finalmente il riposo e io lo dicessi
SULLA RIVA
C’è una tigre con gli artigli in aria davanti a me o dietro di me quando mi volto a guardarmi nello specchio e in tutta la stanza si sente la tua presenza che magari la ignora mentre fuori sento il rumore delle ciliege che maturano e qualcuna è già rotolata per terra e nel pomeriggio che trascorre nessuno scandisce le ore e c’è un gemito lento come il mio cuore che soffre per amarti perché avendo ormai rinunciato a tutte le magie sa che non potrebbe esorcizzarti se neppure il sogno reca più balsamo alla piaga e anche la parola è entrata nello specchio e io voglio addormentare il tuo nome tra le mie mani e cantare all’oblio ma la voce si nasconde come la tigre e non c’è nessuno che ci dica le ore